31 Ingaggio del musicante Santandrea

Nel mese di ottobre dell’anno 1919 il Vecchio Corpo Musicale era in viaggio sul treno per Brescia dove doveva prestare servizio alla festa federale. Ad Iseo salì un giovane che qualcuno della banda riconobbe per una “buona tromba” che aveva già sentito. Era il signor Giuseppe Santandrea, e quel giorno si recava in città per comprare il materiale necessario al lavoro di ciabattino che esercitava nel suo botteghino di Iseo. In realtà in quel viaggio non spenderà una lira, e questo a tutto vantaggio delle non sempre floride finanze della sua giovane famiglia che inoltre stava aumentando di numero.
Appassionato come era, chiese ai musicanti perché si trovassero su quel treno. I dirigenti (o il maestro), saputolo buon suonatore, pensarono di fare in modo che lui stesso scoprisse il motivo del viaggio e lo invitarono ad aggregarsi per rinforzare la sezione delle trombe. In un primo momento egli rifiutò perché privo del proprio strumento, in seguito fu deciso di ritirare la tromba all’allievo Pezzotti che era stato portato più per far numero che per le sue reali possibilità di suonare, essendo questi ancora alle prime armi come trombettista.
A quel punto il Santandrea accettò, gli venne promessa la giornata e fu ingaggiato. Naturalmente le sue notevoli doti fecero colpo e quella sera al ritorno fu pregato di non scendere a Iseo, ma di continuare il viaggio fino a Darfo dove avrebbe potuto farsi apprezzare da tutta la popolazione che, come sempre, attendeva la banda alla stazione. Sporgendosi dal finestrino fece avvisare la moglie da un amico ferroviere. Naturalmente fu un successo per la “tromba di Iseo” tanto che gli verrà data la possibilità di aprire un negozietto di scarpe e di trasferirsi con tutta la famiglia a Darfo.
Diventerà il “nonno Santandrea” e per tutta la vita sarà tra i più solerti animatori della vita musicale darfense. Da una sua lettera del marzo 1924 apprendiamo che le cose al di fuori della musica non sempre gli andavano bene. La trascriviamo integralmente perché molto dignitosa e significativa.
Darfo, 28 marzo 1924
 
 
"Nonno" Santandrea
 
Egregio Signor Direttore,
Non sapendo proprio a chi rivolgermi, per fare conoscere la mia situazione, ho pensato inviare a Lei questo mio povero scritto sperando nella bontà sua, d’essere almeno un po’ confortato. Lei ben sa che io mi decisi a venire a Darfo per sostenere in quanto a me fu possibile, la vostra musica, ma anche (come naturale) con la speranza di migliorare un po’ la mia condizione. Invece! 0 destino, o gran fatalità! Fu proprio il contrario. I miei interessi andarono di male in peggio. In poco più di tre anni, mi sono capitate tutte. Son stato derubato, la prima. La seconda è quella del Gleno (e purtroppo questa fu generale). Ora speravo proprio di avere anch’io il sussidio, in proporzione agli altri. Presentai la denuncia dei miei danni che era di circa 12.000 lire, e credo di non aver esagerato, essendomi andato tutto quel poco che avevo in bottega.
Quando lunedì scorso andai in municipio, ma senza esser chiamato, perchè mi avevano dimenticato con mia gran sorpresa mi sono state assegnate L. 500. Sono rimasto tanto deluso, e molto più perché mi vedo costretto a far cattiva figura verso i miei creditori (quello che non ho mai fatto).
Se fossi stato membro della loro musica, certo sarei stato trattato meglio. Ora quello che domando a Lei e alla spettabile direzione è questo. Sempre se la musica andrà avanti, io mi obbligo anche a dare due lezioni alla settimana agli allievi, come ho fatto anche prima (sempre se loro son contenti) ma se mi accordano un po’ di stipendio, se no, non so come possa fare ad avere ancora volontà di suonare trovandomi in si tristi condizioni. Dunque faccio appello alle degne persone che formano questa direzione a voler considerare la condizione mia sempre sfortunata e dare un po’ di sollievo al mio povero cuore, perché continui la mia missione. Faccio le mie scuse se li ho stancati troppo, ringrazio, anticipatamente.
Obbl.mo Santandrea
La rivalità tra le due bande che in quel periodo era molto accentuata traspare dalla frase “se fossi stato membro della loro musica, certo sarei stato trattato meglio”.
Da notare inoltre che “Nonno Santandrea” non chiede oblazioni, ma di poter fare più lezioni agli allievi “… se no, non so come possa fare ad aver ancora volontà di suonare trovandomi in si tristi condizioni … ”
Nell’ottobre ‘59 a seguito di una discussione con il vice maestro Beppe Salvini sull’opportunità o meno di far servizio anche in numero esiguo presenterà le dimissioni dicendo “… farò l’ultimo servizio il 4 novembre poi basta” … e concludendo “… vi saluto tutti, miei doveri al comitato esecutivo, e buon proseguimento”.
L’amico Santandrea
Il Comitato Esecutivo nella lettera di risposta del 1‑12‑1959 chiede al “Nonno Santandrea” di rimanere nell’associazione, anche se per l’età non poteva più suonare, con altri incarichi. Il Santandrea rifiuterà quello di istruttore degli allievi mentre accetterà di occuparsi dell’archivio, della scuola e della manutenzione degli strumenti.
Concluderà la sua avventura con la banda di Darfo all’età di 79 anni con una lettera del 16‑3‑1963 dove consegnando alla banda il tromboncino di sua proprietà, conclude con “… miei doveri al S. Presidente, al Maestro e tanti saluti agli amici, buona continuazione … ” e firmandosi, “l’amico Giuseppe Santandrea”.
Insieme ad altri come il Treccani fu l’istruttore di varie generazioni di musicanti facendo proseliti naturalmente anche in famiglia, il figlio Gino suonerà il flicornino dal giugno del ‘37 fino al 10‑9‑1963 poi, emigrato in Svizzera per lavoro continuerà nella banda di Biasca a Bellinzona fino all’agosto ‘87. Attaccò la passione della tromba anche ai nipoti “Miclini” Bepi e Angelo che per anni saranno le “trombe” di Darfo.
 
Lettere autografa di Giuseppe Santandrea

 
Il merlo reale
Si racconta che in gioventù “Nonno Santandrea” avesse a discutere con un vicino di casa. Questo era un accanito cacciatore ed aveva un bellissimo merlo che aveva allevato con molta cura per usarlo come richiamo. Il nostro suonatore invece era da mesi alle prese con un passo Piuttosto difficile della marcia Reale, brano che era molto in auge in quel periodo. Prova oggi, prova domani (la costanza, si sa, è una dote per i musicisti) anche il merlo del vicino imparò quelle battute. Figuratevi cosa accadde quando il cacciatore scopri che il suo prezioso merlo non fischiava più quello che madre natura gli aveva insegnato, ma fischiettava l’inno monarchico. Il vicino se la prese a tal punto con il Santandrea che, minacciandolo, pretese un risarcimento per il merlo che gli aveva “rovinato”, e che, non più utile come richiamo, era ormai pronto per essere ingaggiato come “mascotte” della Banda.
I coperchi del "ceso"
A proposito della sua attività di insegnante, il Santandrea soleva raccontare che per il carattere molto schietto, non riusciva a trattenersi dall’esprimere chiaramente il proprio pensiero riguardo alle capacità musicali di ogni suo allievo. Ad uno di questi (apprendista da un falegname), molto appassionato ma purtroppo musicalmente “negato”, dopo diverse lezioni infruttuose, trovò il modo per dissuaderlo dal continuare dicendogli (in dialetto ovviamente) “te, se t’emparérét i sé be ac’ a fà ‘l falegnam come t’emparet a sunà, te saré bu apená defa so i coércc del ceso”.
Traduzione: tu se imparerai cosi bene a fare il falegname come impari a suonare sarai solo capace di costruire i coperchi del “cesso” (non inteso nel senso moderno ma soltanto, come allora in uso, un foro nel pavimento coperto semplicemente da una tavoletta di legno con manico).
DISASTRO DEL GLENO
1 dicembre 1923
Crolla la diga costruita sul torrente Gleno sopra l'abitato di Bueggi in Val di Scalve, e acqua, materiale, alberi e massi, formano un'ondata di 60-70 metri di altezza che, percorrendo la Valle del Dezzo si getta nell'Oglio devastando le borgate di Corna e di DArfo, distruggendo quasi totalmente la località "Darfino" e compromettendo definitivamente la stabilità del più antico quartiere di Darfo (che verrà demolito nel 1930).
Nel disastro hanno perso la vita quasi 500 persone, di cui ben 150 darfensi. Inestimabile il danno alle strutture e alla campagna.
Per quella tragica occasione verranno a Darfo Vittorio Emanuele III (che fu ospitato nell'antico albergo della Posta), il capo del governo Mussolini, il vescovo Gaggia e molte altre personalità.
La laboriosità dei darfensi permetterà una rapida ripresa della vita nella cittadinanza.