Durante un weekend di primavera Lorenzo, che ama videoregistrare un sacco di programmi in televisione, si trova a dover risolvere un problema. Guardando il giornale, si è accorto infatti che quella notte dall'1,45 alle 3,15 sarà trasmesso un programma a cui tiene molto. Ora, Lorenzo è rimasto senza videocassette VHS vuote, non vuole coprire programmi già registrati su altre videocassette, i negozi sono già chiusi, non ha nessuno a cui chiedere una videocassetta in prestito e quella sera, dovendo uscire, tornerà molto tardi e perderà sicuramente il programma. Dopo aver cercato tra le videocassette se ce n'è una con un po' di spazio libero, ne trova solo una utilizzabile che ha appena mezz'ora disponibile. Lorenzo ci pensa un po' su e poi dice: "Ma certo!" e riesce a registrare su quella cassetta tutto il programma, che inizia e termina secondo gli orari segnalati. Il suo è un normale videoregistratore, con cui non è possibile registrare su "hard disk". Come ha risolto il problema?
Ho comprato un libro un po' particolare: l'epilogo prima del prologo, l'introduzione dopo l'indice e la fine nella prima met del libro. Di che libro si tratta?
L’appuntamento per stamattina era alle 9.30 alla sede della banda. Alle 10.00 eravamo a Boario, alla casa di riposo A. May, per l’inaugurazione della nuova ala ristrutturata.
Essendo sabato mattina, non eravamo molto numerosi, decimati dagli impegni di scuola e lavoro.
Comunque, poco dopo che eravamo arrivati, è cominciato a piovere, quindi ci siamo posizionati a tetto, sotto un piccolo padiglione. Aspettando che la manifestazione avesse inizio, abbiamo suonato “Europa mars”, “Primula”, “Cindy” e “Patrizia”. Intanto, visto che la pioggia non cessava, invitati, autorità, sacerdoti e persone si sono posizionati nella sala vicino al “nostro” padiglione, e ha avuto inizio la cerimonia di inaugurazione. Ci sono stati discorsi delle numerose autorità presenti, intervallati dai canti del Coro Vallecamonica, e c’è stata la benedizione dei sacerdoti. Intanto noi abbiamo aspettato, non proprio in religioso silenzio…. Al termine della cerimonia, abbiamo suonato l’”Inno di Mameli”. Mentre la gente usciva dalla sala, abbiamo suonato “Arosa”, “The Thunderer”, “Monterey”, “Sara” e nuovamente “Primula”. Il servizio è terminato alle 11.40 circa, ed alcuni di noi hanno partecipato ad un lauto rinfresco, che definirei piuttosto un pranzo a buffet…
Anche questa sera ci siamo trovati per le prove. Ci sono state date direttive per il servizio di sabato 5 maggio alla casa di riposo A. May a Boario.
Inoltre siamo stati avvisati che lunedì ci sarà una riunione del consiglio direttivo, che vedrà, all’ordine del giorno, la preparazione dell’assemblea dei musicanti che si terrà venerdì 25 maggio.
Al termine delle prove abbiamo festeggiato il compleanno di Claudio Gelmini (33).
E' in brani come questi che vengono buone le lezioni apprese con Dinosaurus o con Chant Ritual. Prima di suonare bisogna trasportare la propria mente altrove, su un'altro continete, in un'altra cultura, con un'altro modo di pensare. Mazama, "la montagna scra" degli indiani d'America della tribù dei Klamath, emana da secoli un'aura di mistero intorno a se, almeno da quando collassò in un'immane esplosione circa 5000 anni fà. Questa è un'America lontana dal jazz, dal blues, da Hollywood. Bisogna entrare in un'atmosfera magica fatta di sciamani, ritmi ancestrali, strumenti che richiamano i suoni della natura selvaggia dell'Oregon (almeno di quello dei tempi in cui i Klamath dominavano liberi i loro territori). Chattaway con la sua musica è riuscito a risvegliare queste antiche sensazioni, la Banda di Darfo, nell'eseguirla, un pò meno. Sarà che noi europei siamo molto attaccati alle nostre tradizioni, ma qualche volta uno sforzo per staccarci dai nostri stereotipi potremmo farlo. Questo è un'altro di quei pezzi che spero il ns. Maestro non tardi a far ricomparire sui nostri leggii. Questa, per i percussionisti, è manna che cade dal cielo.
Un ascolto e ti ritrovi sulle alle vette innevate della Cordillera per spaziare con lo sguardo fino alle assolate spiagge del Pacifico, meglio che con il teletrasporto alla "star trek". Prima di suonarla bisognerebbe mettere il poncho e ascoltare qualche disco di Ima Sumac. Ogni volta che lo ascolto mi viene in mente Diego e lo vedo tutto indaffarato coi suoi macchinari su a Chacas, in Perù. Adesso è in mezzo agli indios dell'Amazzonia, chissà che musica suonano loro ?. In questa registrazione le percussioni si divertono a fare la parte del leone (sarebbe meglio dire dei condor..). Un dato sopra tutti, la mia parte è lunga ben 4 fogli A3 messi per orizzontale (non c'è tempo per girare le pagine). Non bastano tre leggii per sostenerla. Ma noi percussionisti sappiamo affrontare questo e ben altri problemi, e, qualche volta, riusciamo anche a risolverli (...ho detto qualche volta....).
Jakob de Haan è uno di quei compositori che fa parte della storia delle bande moderne. Fa parte di quella "scuola olandese" che ha spopolato e riempito gli archivi (e quindi il repertorio) delle bande di mezzo mondo negli ultimi vent'anni almeno. In molti ritengono che sia un compositore che "non riserva sorprese" nel momento in cui si affronta una sua partitura. Oggi che, per fortuna, i compositori di musica originale per banda sono "esplosi" in numero e qualità in tutta europa, possiamo dire che la "scuola olandese" abbia ridimensionato la propria presenza nei programmi dei concerti. Ma ancora esiste uno zoccolo duro di bande che non ne possono fare a meno. L'indiscussa capacità di questi autori di confezionare una musica accattivante, fresca e di sicuro effetto sul pubblico, affascina ancora molti musicanti e molti maestri direttori. E in fondo non c'è che l'imbarazzo della scelta. De Haan è un autore che produce musica ad un buon ritmo, con brani di tutte le difficoltà adattabili a tutti gli organici strumentali. Diciamo che è quasi un peccato non approfittarne. Mi permetto di linkare qui un'articolo del blog di una fan sfegatata di J. De Haan (la nostra Peggy) e che mai rinuncerebbe ad inserire un suo brano in qualsiasi concerto. Per quanto riguarda l'esecuzione, la banda è partita bene per poi piano piano arenarsi nel proseguo dell'esecuzione. Troppo imprecisi nel primo movimento gli attacchi, sembra i sentire una banda a due velocità. Troppe indecisioni nel "tempo di bolero". Nell'ultimo movimento ancora si nota il problema di alcune sezioni che decidono autonomamente quale tempo seguire creando quei fastidiosi effetti di "sfasatura" ritmica. Ancora troppi musicanti che partono in ritardo aspettando l'attacco degli altri e altri che decidono di accellerare a metà frase come se avessero fretta di finire. Neppure questa volta, con un brano decisamente alla portata delle capacità tecniche di tutti i musicanti, la banda non è riuscita a riscattarsi, perdendo un'altra occasione di poter avere finalmente la registrazone di una buona performance. Sono stato troppo severo ? Ascoltate bene, probabilmente avrei anche potuto calcare di più la mano.
Ed ecco un lavoro del nostro Maestro. Per un "complessato" come lui (termine da lui usato per definire chi ha fatto parte di un complesso musicale), che gli anni '60 li ha "musicalmente vissuti", la tentazione di arrangiare alcuni di quei brani che erano parte integrante della sua (passata) giovinezza, era troppo forte. E' a mio avviso un bell'arrangiamento, facile da eseguire, piacevole da ascoltare. L'unica bizzarria, chiamiamola così, che il Mo. si è concesso, sono l'inizio e il finale, dove i temi dei tre brani che sono stati usati per questo medley, si fondono gli uni con gli altri. Sull'esecuzione permettetemi di non fare nessun commento. Ascoltatela e fatemi sapere il vostro parere.
Magnifico brano che alterna momenti dolcissimi ad altri molto ritmici, cantabili melodie ad accordi e sequenze dissonanti. Una delle difficoltà di questo brano sta nel rendere l'esecuzione scorrevole nelle parti ritmiche. I continui cambi di accento ritmico delle frasi dal battere al levare, dovrebbero scorre via come pattinatori su un pavimento di granito levigato. Quello su cui si muove la banda, invece, sembra essere un pavimento in cotto antico posato male, dove i musicanti, spesso e volentieri, inciampano sugli spigoli sporgenti dei mattoncini. Di questo risultato hanno una grossa responsabilità le percussioni, che avrebbero dovuto dare una base sicura per tutte le sezioni. Le difficoltà tecniche effetivamente presenti nella partitura non sono affatto trascurabili, e questo vale per tutte le sezioni, ma una maggiore sicurezza della base ritmica avrebbe certamente aiutato le altre sezioni ad orientarsi meglio nella struttura del brano. Questo avrebbe potuto permettere ai musicanti di concentrare meglio la propria attenzione sulla musicalità di queste parti ritmiche, facendone risaltare la vera essenza. Si sente troppa paura di sbagliare, il risultato è freddo e povero di carattere. Era un brano che avremmo dovuto studiare meglio dal punto di vista dell'interpretazione. Da una partitura non devono uscire solo le note, come dice il nostro Maestro, ma nche la musica. ....se almeno fossimo riusciti a fare tutte le note....